Quando una canzone ti cambia la vita.


Dorotea Mele - Una Voce in cui credere

La vita di Dorotea Mele è una storia di vita dedicata alla musica. 
Anni di studio e miglioramento. Cantanti non ci si improvvisa: la sua stupenda voce è la base del suo appealling, la sua professionalità è la carta vincente per durare.
Dal 1985 ad oggi frequenta così senza sosta corsi sempre più professionalizzanti e non smette di studiare nemmeno quando diventa a sua volta una Maestra di Canto e neanche quando il successo finalmente arriva nel 2011 meritatissimo.
La sua fortuna si chiama Fabrizio Campanelli, autore di molte colonne sonore per film, con cui realizza lo spot pubblicitario per la campagna 2011 di Calzedonia.
Dal 2006 ad oggi collabora anche con il Rainbow voices choir, in qualità di direttrice, non che solista accompagnata dal pianista Alessio Penzo.
Dal 2009 è parte del trio Jazz “Portrait of  Porter”, ritratto di Cole Porter, con organo Hammond e batteria, proponendo la formazione in Jazz club di rinomata fama.
Nel 2012 incomincia la collaborazione con la campagna "ama nutri cresci" della Fondazione Giorgio Pardi.

Ed ora Dorotea Mele è anche con noi per diffondere la cultura e l'informazione.

Quando una canzone ti cambia la vita.
È successo a Dorotea Mele che era solo una brava cantante jazz e insegnante di musica; ma da quando ha interpretato «Lovely on my hand», il motivo scritto da Fabrizio Campanelli per lo spot dei 25 anni di Calzedonia, è diventata una star. Soprattutto sul web. Oltre 300 mila i click e commenti entusiastici delle persone su Youtube. Abbiamo incontrato la trentanovenne cantane varesina, ma di origini pugliesi, nella scuola di musica dove insegna, a Malnate, cittadina alle porte di Varese. Si racconta rigorosa e determinata, non può fare a meno della sua «coperta di Linus», il pianoforte.

Come è cambiata la sua vita dopo aver interpretato una canzone per una pubblicità?
«La popolarità è una sorpresa: le persone mi fermano per strada chiedendo un autografo, firmo più che altro per cortesia ma mi sento normalissima. Delle signore mi hanno raccontato che sono rimaste incantate davanti alla tv sentendo la canzone mentre lavavano i piatti. Certo mi sembra strano che per una sola canzone ora sia pagata quanto per un concerto di un’ora e mezza con la mia band…».

Crede più in Dio, nel destino, nella fortuna o nelle capacità delle persone?
«Non mi affido alle Grazie: credo in capacità, studio e meriti. Certo un pizzico di fortuna non guasta mai, però ritengo che in Italia la meritocrazia dovrebbe valere di più».
È scaramantica? Ha le scarpette d’argento come quelle di Dorothy del Mago di Oz?
«Sì. Proprio per questo non svelo mai i miei progetti».
(corriere della sera)




Qual è suo rapporto con la musica?
«Il canto è il migliore vestito che io possa indossare e ogni giorno mi calza a pennello. Ho sempre avuto la percezione che la vera Dorotea sia quella che canta. Fin da bambina ho avuto questo dono: cantavo ovunque, tanto che penso che mia madre a volte si sia vergognata».
Cosa vuol dire vivere nella provincia di Varese, dove è più diffuso il linguaggio dell’industria rispetto a quello di arte e cultura?
«Lo ammetto è pesante: forse starei meglio in città come Bologna, Firenze o Roma soprattutto perché mi piacerebbe nutrirmi maggiormente di arte. Tuttavia vivere a Malnate mi permette di essere abbastanza vicina a Milano e stare immersa nel verde».
Fa parte dei bamboccioni per cui si è ancora ragazzi a 40 anni?
«Ho avuto la fortuna di potermi permettere di acquistare una casa alcuni anni fa e andare a vivere da sola. Ma l’Italia è un Paese pieno di precari che purtroppo non riescono a iniziare la loro vita».

Qual è la prima canzone che ha cantato in pubblico?
«Escludendo quando ero bimba, fra i 16 e 18 anni ero corista in un gruppo rock il cui repertorio era basato sui Pink Floyd. Poi mi diedero uno spazio da solista e io interpretavo le canzoni di Aretha Franklin, la mia cantante preferita di sempre e mio cavallo di battaglia».
Era ragazzina negli anni ’80, voleva sposare anche lei Simon Le Bon dei Duran Duran?
«(ride) No, io amavo gli Spandau Ballet, anche perché il cantante Tony Hadley ancora adesso ha una voce pazzesca».